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Un canto anonimo per il Venerdì Santo di Enna: la protesta silenziosa contro l’ipocrisia

A pochi giorni dal Venerdì Santo, che a Enna rappresenta uno dei momenti più intensi e solenni dell’anno, un autore anonimo ha voluto far sentire la propria voce — o meglio, il proprio silenzio cantato — con un video musicale che ci è stato inviato in via confidenziale.

Il brano, il cui testo riportiamo integralmente, è un inno amaro e poetico che riflette le tensioni che sta attraversando la comunità ennese.

Nel testo della canzone si avverte un dolore profondo, ma anche una denuncia chiara:

“Promettono il cielo ma sanno insabbiare
talàri e stole, parate ed inchini
mentre si coprono a vicenda i destini.”

Tra immagini potenti come “campane che suonano senza ragione” e “il profumo d’incenso confonde la via”, il canto mette in discussione una liturgia che, agli occhi dell’autore, rischia di svuotarsi di senso quando chi la guida è accusato di mentire. Il richiamo alla piazza che “si inchina alla festa” diventa allora uno specchio critico rivolto alla collettività, chiamata a interrogarsi sul proprio silenzio.

Non si tratta solo di un attacco, ma anche di un atto di fede doloroso, perché chi scrive sembra credere ancora nella verità del rito, ma rifiuta l’ipocrisia di chi lo maneggia senza coerenza.

In un momento in cui l’intera città si prepara a rinnovare i suoi gesti più sacri, questa canzone ci ricorda che anche il dissenso può essere un atto di amore verso la propria comunità e la propria fede. Un amore ferito, certo, ma ancora vivo.

La fede, quando è autentica, non ha paura delle domande scomode. Il Venerdì Santo ci mette di fronte al dolore, al tradimento, alla solitudine del giusto abbandonato — e ci chiede di non distogliere lo sguardo. Forse, questo canto anonimo non è una provocazione, ma un grido che nasce proprio da lì, da quel Golgota interiore che molti attraversano in silenzio.

Sant’Agostino scriveva: “la verità è come un leone; non ha bisogno di essere difesa. Lasciala libera, e si difenderà da sola.”

In un tempo in cui l’apparenza rischia di soffocare il significato, è proprio chi ama davvero la verità che sente il bisogno di cantare anche l’incoerenza. Forse, allora, questo canto non divide: invita solo a guardare più a fondo, a distinguere il sacro dal potere, la devozione dalla maschera. E a non confondere il silenzio con l’oblio.

Ecco il testo integrale della canzone:

LA MARCIA MARCIA

Sfilano lenti tra silenzio e candele

e il fango si attacca alle vesti più nere

l’incenso ricopre l’odore del guasto

ma il vento lo spande e torna più vasto.

Loro hanno il potere, le chiavi, l’altare

promettono il cielo ma sanno insabbiare

talàri e stole, parate ed inchini

mentre si coprono a vicenda i destini.

E va sempre avanti la processione

tra falsi propositi e consacrazione

il profumo d’incenso confonde la via

ma il cielo conosce la loro bugia.

Campane che suonano senza ragione

nessuno si alza, nessuno si oppone

chi insabbia guarda, ma tace, ma resta

mentre la piazza si inchina alla festa.

Vizio si affretta, Escario si cela

Sermonio predica pace e candela.

La piazza li guarda, nessuno li sfida

la forma comanda, la folla si affida

dicono: “giudica solo il Signore”

ma intanto l’accusa sussurra il tuo nome.

Le croci assai brillano, il rito procede

frattanto chi grida nessuno lo crede

Campane che suonano senza ragione

nessuno si alza, nessuno si oppone

chi insabbia guarda, ma tace, ma resta

mentre la piazza si inchina alla festa.

E va sempre avanti la processione

tra falsi propositi muore il signore

il male si cela tra mille inginocchi

nessuno si alzi, nessuno li tocchi.

E va sempre avanti

loro hanno nascosto

loro han benedetto

Il silenzio più nero col segno sul petto.

Le croci assai brillano, il rito procede

Frattanto chi grida nessuno lo crede.

Nessuno lo crede.

Nessuno lo crede.

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