Attualità

TRAGEDIA DI CORINALDO

Responsabilità educative e crisi generazionale

La tragedia avvenuta nella discoteca di Corinaldo, nell’anconitano, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre scorso lascia atterriti e sgomenti per la morte di 5 giovanissimi e della madre di uno di loro, colpevoli solo di voler assistere al concerto del proprio idolo rapper e di aver inseguito un puro desiderio di evasione. Il fatto pone interrogativi sulle responsabilità degli adulti e, in generale, sulla crisi educativa e dei processi formativi dei giovani.
Innanzitutto non si riflette abbastanza sul fatto che mentre la scuola è soprattutto volta alla trasmissione culturale, il tempo libero rappresenta, invece, il laboratorio culturale autogestito dagli adolescenti, più direttamente dedicato alla ricerca di strumenti per l’espressione di sé e la costruzione della propria identità. Infatti, la subcultura giovanile e il senso di appartenenza generazionale oggi si sviluppano più nell’area del tempo libero che non in quella del tempo di apprendimento scolastico.

E questo rappresenta il primo punto di analisi autocritica da parte del mondo degli adulti e nello stesso tempo un vertice di osservazione per capire più a fondo il mondo dei giovani. La musica, in particolare, sin dalla preadolescenza, risveglia emozioni infantili strettamente connesse alla dimensione del desiderio e sollecita nuove rappresentazioni di sé ancora in formazione.
Per i nuovi adolescenti entrare a far parte della propria generazione significa sentirsi protagonisti e partecipi di eventi collettivi che coinvolgono i coetanei e che permettono loro di entrare a far parte del mercato dei consumi, creando facilmente l’illusione della libertà e dell’autonomia ma impedendo loro di prendere coscienza della reale subordinazione e del condizionamento in atto che favorisce tutte le forme attuali di dipendenza (dalle droghe all’alcol, dal gioco d’azzardo alla pornografia, dai videogiochi ad internet).

Da qui la responsabilità degli adulti nell’accompagnare, con forme proprie ed adeguate, la crescita dei giovani valorizzandone la spontaneità e la capacità di ricerca autonoma di significati nuovi e di giudizio critico.
Appare, allora, fondamentale che gli adulti promuovano costantemente ed intenzionalmente il lavoro educativo con chi sta crescendo, stimolando il senso di responsabilità individuale per sé e per gli altri, in tal modo prevenendo comportamenti che in apparenza sembrano semplici “bravate” (come spruzzare bombolette di gas urticanti in un concerto sovraffollato), ma che in realtà si riqualificano come veri e propri “reati” (“scherzi” che possono tragicamente trasformarsi in stragi).

Ma c’è una responsabilità che non riguarda solo i giovani che compiono simili gesti, ma gli adulti in primo luogo, gli organizzatori di eventi che per far cassa e trarre il massimo dei profitti spingono sull’acceleratore del guadagno. Accade, perciò, che per un evento organizzato in un locale che poteva contenere al massimo 800 persone, gli organizzatori vendono più di 1400 biglietti, violando le fondamentali norme di sicurezza imposte per legge. Come se quei giovani spettatori di un concerto fossero semplicemente “pedine” di una macchina di guadagno che strumentalizza sadicamente i loro desideri, senza alcun riguardo ai loro bisogni di crescita e senza alcuna remora legale, morale, etica. I giovani, i nostri figli, appaiono così come il “parco giochi” degli strateghi del marketing, cannibalizzati da un sistema economico deregolamentato panedonistico, che li vede e sfrutta solo come potenziali consumatori.

Ecco perché la tragedia di Corinaldo richiama espressamente e principalmente responsabilità educative e formative, come adulti, come genitori, come gestori di un locale, come manager di un artista, di un rapper con il suo seguito di fans di giovanissimi. E’ la crisi in atto del discorso educativo per l’imporsi di uno stile di vita che non testimonia o non testimonia in modo sufficientemente coerente i valori dell’appartenenza ad una comunità, della condivisione, della solidarietà, della cultura come veicolo principale di umanizzazione e di civiltà.

Giuseppe Vasco

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