MARIO ANTONIO PAGARIA RICEVE PREMIO LETTERARIO A ROMA
Mario Antonio Pagaria, poeta e giornalista, ha ricevuto a Roma, lo scorso sabato, l’ennesimo premio letterario. Si tratta della Menzione di Onore conferitagli per la sua ultima fatica letteraria, consistente nella silloge di poesia dal titolo “Addio amore”. La cerimonia si è tenuta presso il Centro Congressi Cavour, nella Sala “Quirinale”, per l’occasione gremita di pubblico, nell’ambito della IX edizione del Premio Letterario Nazionale “Caffè delle Arti”, afferente all’omonima associazione, presieduta da Patrizia Vittoria Rossi. La Giuria è stata presieduta dalla dottoressa Rebecca Bravi. “E’ la seconda volta, nella mia carriera di artista – ha detto Mario Antonio Pagaria – che ricevo un premio letterario nella Capitale, con la quale ho un forte legame poiché vi ho trascorso periodi relativamente lunghi della mia vita, prestandovi il servizio militare, svolgendovi un corso di giornalismo organizzato dalla CEI ed espletandovi il servizio di volontario del Giubileo, nel duemila. È sempre emozionante – ha concluso, dopo aver ringraziato la Giuria e gli Organizzatori – ritrovarsi in questa meravigliosa città. E lo è a maggior ragione quando si riceve un premio letterario così importante”. Anche quest’anno le poesie più significative saranno pubblicate in un’antologia e parte del ricavato della vendita (detratte le spese di produzione) sarà devoluto in beneficenza all’associazione Onlus “I Bambini di Antonio” e andrà principalmente alla famiglia di Maria Nakintu, la bimba adottata a distanza da Caffè delle Arti. Interessante la motivazione della Menzione, redatta dal dottore Gennaro Iannarone, scrittore ed ex magistrato che si occupa, tra l’altro, di diffondere la cultura della legalità tra i giovani: “Una silloge, Addio Amore, che ha sicuramente il pregio di essere un pozzo senza fondo dei più vari momenti emozionali che l’autore vive e distribuisce, con equilibrio, in trentatré poesie, nelle quali il nucleo poetico unitario, preannunciato dal titolo, non si presta a essere isolato e identificato, ma viene comunicato al lettore da molteplici angolazioni, lasciandogli, a lettura completata, una profonda e condivisa impressione di negatività del mondo e della vita. Piuttosto, infatti, che una esplicita rinuncia o un dichiarato distacco dall’amore, in quest’opera c’è invece una continua ricerca di esso, un rincorrerlo e un non poterlo afferrare, come la felicità, e quindi la naturale conseguenza di una frequente ricaduta nelle delusioni e nel pessimismo. E’ una silloge gravata da una grande ombra che nel suo addensarsi ovunque dà il senso di una globale perdita (Ombre, Nero di città, Marinaio del tempo, Morbo, Nei secoli dei secoli, Pianto, Vecchiaia ne sono soltanto alcuni tra gli esempi più chiari), da paesaggi più novembrini che invernali (Di neve e di oscurità) o raffigurati sotto un sole morente (Sole all’imbrunire), da situazioni tragiche che arrecano angoscia (Guerra), perfino di fughe da sogni indotti dalla musica (Concerto in do minore), dai ricordi di una fede politica deludente se non spenta (Compagno), da sfiducia nella funzione della fede cristiana di arrecare giustizia sociale (Natale), da ricordi cari e struggenti, come Padre, e Addio amore che apre la raccolta, le dà il titolo e traccia la falsariga su cui l’autore compone le altre poesie, nel pieno rispetto di ciò che una silloge è, per definizione. Una visione poetica della vita indubbiamente sentita e, per molti aspetti, vera, disseminata tra le pagine con sincerità e misura, ed espressa con una lodevole varietà di immagini, scevra da ogni ripetitività. Per questi molteplici pregi la silloge è senz’altro meritevole della Menzione d’Onore attribuita.