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L’illusione del nuovo centrismo siciliano: il gioco politico che non porta a nessun futuro

Si resta quasi sorpresi nel cogliere i segnali, nemmeno troppo nascosti, che arrivano dalla kermesse di lancio di un (ennesimo) raggruppamento centrista che prende forma in Sicilia, un tempo laboratorio di proposte politiche innovative, poi replicate a livello nazionale, facendo emergere la nostra terra come un anticipatore di fenomeni nuovi e intuizioni che avevano un che di geniale.

Per esempio, con la L.R. 26 agosto 1992 n. 7, che introdusse l’elezione diretta del Sindaco, la democrazia veniva anticipata dal corretto uso del nostro Statuto, anch’esso legge costituzionale prima dell’approvazione della Carta Costituente del nostro Paese, aggiungendo democrazia anziché sottrarla, come invece è accaduto negli anni con le province, pardon, i Liberi Consorzi Comunali.

Fu in Sicilia che nacque questa innovazione.

Oggi nel laboratorio politico di Sicilia non sembrano esserci esperti chimici ma, da novelli e consumati Cagliostro, giocano a fare e disfare scatole cinesi che chiamano partiti, tutti ammassati al centro, tutti composti da uomini di ogni stagione che dicono di voler rinnovare le classi dirigenti, salvo sé stessi, ovviamente, sabotatori dei partiti degli anni novanta, inquieti gestori di truppe clientelari solide, immarcescibili ed attaccate al controllo come una lumaca al suo guscio, che spargono la loro bava di potere da più di trent’anni nella prima, seconda e terza repubblica.

Inossidabili nella loro insaziabile volontà di cambiare tutto perché nulla cambi ed anche in questa disastrata stagione sicula, con il depauperamento anagrafico, con la endemica sofferenza economica e con la mortificazione dei cittadini siciliani per bene (ce ne sono tanti), dichiarano di voler tornare alle sezioni, alle tessere ed al radicamento sociale delle idee, ambiziose ma piene del nulla in termini di analisi e ricerca delle soluzioni ai problemi che la politica alta dovrebbe affrontare.

Richiami vaghi alla democrazia cristiana, autonomismo che, anche per colpa di costoro, ha reso il nostro Statuto non uno strumento per la creazione di istituzioni all’avanguardia, bensì freno persino nell’applicazione di normative che altrove vengono elaborate ed applicate prima di noi.

La famosa “autonomia differenziata”, che taluni territori anelano, altri temono, da noi esiste dal 1946, ma nessuno l’ha mai utilizzata a dovere.

Con sprezzo del ridicolo ora si riuniscono per venirci a raccontare lo splendore di un prossimo “sol dell’avvenire”, che dovrebbe essere realizzato dagli stessi che ci hanno condotto sino a questo punto?

E lo vengono a fare ad Enna, cenerentola delle cenerentole della Sicilia?

Basta così o, come si usa dire oggi, anche no!

Chi vi parla ha vissuto quegli ambienti fino a ieri, conosce meccanismi, sistemi e ragionamenti. Vero, ha anche ottenuto ruoli istituzionali di rilievo, conquistati col duro lavoro, la ricerca del consenso, per sé ed altri, ed è stato leale e corretto, oltre che coerente, ma oggi quel mondo è tramontato e siamo ben lieti di esserne fuori.

Piuttosto, i cittadini si attrezzino, si organizzino e non disertino le urne, qualcosa di diverso da votare si trova sempre, anche con difficoltà, ma non lasciamo ancora in mano la Sicilia a chi, dopo aver creato il virus in laboratorio, ora ci vuole vendere il vaccino.

Gianpiero Cortese

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