Le nozze di Cana. Per vivere occorre non solo il pane necessario ma il di più del vino gratuito.
«Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”. Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui».(Gv2,1-11)
Le nozze di Cana rivelano la condizione di una coppia alla quale manca quello che è necessario per far festa: il vino. Il vino è simbolo della vita, dell’energia, dell’amore che porta avanti la vita, sostenendola dall’interno.
Nella condizione di una “coppia senza vino” possiamo ravvisare tutti quegli sposi che vivono momenti di aridità, che non sanno più cosa dirsi, che non riescono neanche a chiedere aiuto. L’esperienza di coppia attraversa, infatti, momenti fatti di entusiasmo ma anche momenti di fatica, momenti di condivisione ma anche momenti di incomprensione.
Anche nell’esistenza individuale possiamo fare esperienza di una vita che può esaurirsi: possiamo, cioè, ridurci a vivere una vita vuota che smarrisce il senso e cade nell’assurdo. Ci sono tempi in cui siamo ricchi e possiamo rendere partecipi gli altri delle nostre gioie e tempi in cui siamo poveri, come questa coppia di sposi che non aveva più vino da condividere.
Quanto per la coppia, quanto per l’individuo, il Vangelo di questa domenica ci suggerisce che nella Cana della nostra storia si celebra l’unione tra la nostra povertà abissale e la ricchezza smisurata di Cristo, tra la miseria umana e la misericordia divina. In tutte quelle situazioni in cui sperimentiamo il vuoto, l’angoscia, Cristo è, infatti, sempre pronto a rivelarsi come colui che ci tira fuori dai nostri abissi.
Tutti, però, credenti o meno, dobbiamo innanzitutto mostrare il coraggio di riempire d’acqua le anfore, ossia vivere sino all’orlo, straripare di vita, raccogliendo nelle giare della nostra esistenza tutta l’umanità di cui siamo capaci per poterla trasformare nel vino dell’energia di una vita che celebra l’amore felice tra gli uomini, tra l’uomo e la donna e tra l’uomo e Dio.
Siamo, come coppie e come individui, “anfore di pietra” ogniqualvolta il nostro cuore si indurisce nel tempo a causa di delusioni e della nostra mancanza di perdono. Quando in una coppia si comincia a precisare responsabilità e doveri, vuol dire che il cuore è già diventato un’anfora vuota, e lo diventa anche quando l’individuo rinuncia a vivere perché oppresso dal proprio disincanto, da sensi di colpa, dalla rassegnazione e disperazione.
In tutte queste condizioni esistenziali il vino è il di più rispetto al necessario della vita (simboleggiato dal pane). La vita richiede, infatti, di fiorire nella festa, nell’esultanza e nella gioia. “L’umano deve sempre affermare l’uno (il pane necessario) e l’altro (il vino gratuito), sentirsi cioè creatura bisognosa, ma anche capace di creazione, bellezza, canto, danza”.
Il di più è rappresentato dall’amore di cui abbiamo bisogno per crescere in umanità. Abbiamo bisogno di incontrare una persona che col suo amore non si sostituisca a noi per affrontare la vita e neanche ci chiede di cambiare , ma che ci sta accanto suscitando in noi il desiderio di farlo. Dio stesso non cambia la nostra vita, ma semplicemente la trasforma!
Cana di Galilea è, dunque, la realtà che ci ricorda come la nostra vita sia continuamente minacciata da relazioni che non si aprono agli altri, da relazioni condannate a bere sempre e solo il proprio vino sino a quando esso non si esaurisce o inacidisce. Al contrario, se mettiamo a disposizione degli altri il poco o il tanto vino che abbiamo lasciando che si consumi, allora Cristo verrà a ripetere il miracolo, donandoci altro vino, vino buono, l’amore che non può più mancare.