Cara dottoressa,
Ci parli per favore della “gentilezza”.
In un mondo popolato da maleducati, arroganti, presuntuosi e ignoranti che posto ha ancora la “gentilezza”. Un saggio diceva che la gentilezza è la più alta forma di saggezza.
Ma forse non sappiamo più davvero cos’è e perché ! Grazie
Per me la gentilezza rappresenta una qualità e una nobiltà dell’anima.
Al giorno d’oggi si parla poco di etica e morale: la gentilezza è una caratteristica etica, che ha a che fare con il rispetto per se stessi e per l’Altro’. E’ profondamente intrecciata al riconoscimento rispettoso dell’esistenza dell’Altro ‘per come egli/ella è’, rendendo possibile la relazione su un piano di uguaglianza. Cercate di pensare a come vi siete sentiti quando qualcuno è stato gentile con voi e viceversa. Ci si può sentire sorpresi, grati, soddisfatti e di conseguenza viene molto più facile aprirsi alla comunicazione con gli altri accorciando così le distanze emotive. Non a caso quando siamo gentili gli uni con gli altri, ci sentiamo “collegati”. Essere gentili, in qualche modo, ci permette di entrare in contatto con l’Altro, ed è un antidoto contro atteggiamenti aggressivi e/o di rabbia. Ad oggi è sempre più difficile praticare atti di gentilezza verso gli altri, visto che il mondo in cui viviamo è pieno di un linguaggio e di comportamenti aggressivi e violenti, (Basta accendere la televisione ma anche il linguaggio che usiamo a casa e fuori nelle relazioni con i nostri genitori, compagni di vita, figli, colleghi, amici etc… ). Non dimentichiamo che al giorno d’oggi vige l’elogio della aggressività, della prepotenza e della competizione non sana. E il rischio che si corre è quello di vedere la gentilezza come una debolezza: debolezza verso di sé e verso gli altri, in realtà la gentilezza richiede forza d’animo. Un altro rischio potrebbe essere di scambiare la gentilezza autentica con la gentilizza formale intrisa di sorrisi stereotipati o con la gentilezza manipolatoria, o con il buonismo o l’incapacità di dire dei no. Questa è compiacenza e non Gentilezza. E’ un modo per nascondere sé stessi dietro una facciata di gentilezza.
In realtà la Gentilezza non può non accompagnarsi a rispetto, rispetto verso sé stessi e gli altri, che comporta necessariamente l’autenticità e di conseguenza la capacità di porre dei confini. Significa saper ‘trovare la giusta distanza fra se stessi e l’altro’ nel rispetto dei confini propri e altrui, riconoscendo sia le similitudini, sia le opinioni differenti, cercando di accettare le cose come stanno. Quando questo accade diventa contagioso. Proprio come una pietra che gettata in uno stagno crea un susseguirsi di onde sulla superficie dell’acqua, l’atto di gentilezza si estende verso l’esterno toccando la vita degli altri e fornendo un modello da seguire a chi ci sta intorno. Sono ormai numerose le ricerche scientifiche che dimostrano come l’altruismo, la cooperazione, la generosità, l’empatia, le varie sfaccettature della gentilezza, fanno parte della nostra natura umana e della nostra storia evolutiva.
Vi lascio con un pezzo a me caro:
“cammina con passo leggero, ascolta con attenzione, guarda con tenerezza e tocca con rispetto … La persona gentile sa che la vera crescita richiede nutrimento … Essere gentili significa anche essere amorevoli; significa offrirsi in una relazione in cui il riconoscimento del valore umano dell’altro fa in modo che anch’egli riconosca in sé questa dignità, unitamente alla propria identità, ruolo e funzione, e che ciò lo aiuti a realizzare “se stesso”. L’uomo gentile lo è sin dal suono dei suoi passi, ma lo è anche nei modi, nei toni, nei suoni, nelle parole, nelle attese e nelle azioni, nel rimprovero, nel monito, nell’indicar la via, nel saluto e nella richiesta, nel dir la verità o nel tacere. Da “La forza della gentilezza” P. Ferrucci, edizioni Mondadori Dott.ssa Francesca Lombardo |
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