IL MESSAGGIO NASCOSTO DEI LIBRI
A volte percepiamo i giovanissimi non abbastanza attenti durante le nostre lezioni di vita; nel peggiore dei casi non ci ascoltano affatto. Così presi dalla tecnologia, dai loro passatempi, sembrano astrarsi, per poi rifugiarsi in un mondo parallelo sterile e privo di sentimenti.
La frenesia di questa società contemporanea non consente molto spesso al genitore di occuparsi degli aspetti più intimi dei propri figli, perché vige il pensiero – comune a molti – che abbandonarli nelle fauci del mondo sia la soluzione migliore per farli crescere forti e sicuri; ma non per tutti vale questa regola, pertanto sarebbe opportuno sfruttare “il messaggio nascosto dei libri”, per insinuare nelle loro menti distratte quei concetti che a parole noi genitori, a volte, non siamo in grado di trasmettere.
LA FORZA DEL LIBRO STA NELLA NOSTRA PERCEZIONE
«In un buco nella terra viveva uno Hobbit. Non era un buco brutto, sudicio e umido, pieno di vermi e intriso di puzza. Era un buco Hobbit, vale a dire buon cibo, un caldo focolare e tutte le comodità di una casa.»
Lo Hobbit di J.R.R.Tolkien
Tutto inizia così. Bilbo Baggins, una piccola creatura in tutto simile agli Uomini- se non fosse per l’altezza di un Nano e i piedi pelosi duri come il cuoio -, vive serenamente la sua vita da Hobbit. Per gli Hobbit la vita è fatta di buone cose da mangiare, di vita all’aria aperta, di cordialità e disinteresse verso tutto ciò che accade nel mondo esterno. In verità sono perlopiù ignari di ciò che avviene oltre i loro confini, pertanto continuano a vivere beatamente e fumare la loro erba pipa.
È un giorno come tanti, quando il giovane Bilbo si rilassa davanti all’uscio di casa Baggins con la pipa fumante. Improvvisamente l’ombra maestosa di un anziano barbuto lo sovrasta e, dopo un “buongiorno” arzigogolato e confuso, Gandalf, lo stregone grigio, gli fa una proposta che Bilbo prontamente rifiuta. Le avventure non erano proprio gradite agli Hobbit, tanto meno al povero Bilbo, eppure in passato qualche Hobbit avventuroso c’era stato, e uno di questi era proprio imparentato con il nostro protagonista. Nelle vene di Bilbo scorreva il sangue pacato dei Baggins, ma anche quello spericolato dei Tuc, che in questa bellissima storia finisce per soffocare la passione per il focolare e i fazzoletti ben stirati.
Se in un primo momento il nostro Bilbo teme di trovarsi impigliato in qualche vicenda pericolosa, dopo aver conosciuto bene i tredici Nani – che Gandalf conduce fino al suo “buco hobbit” per trascinarlo al loro seguito – inizia a nutrire dei sentimenti d’amicizia profonda e si lascia catturare dalle storie che raccontano sul loro passato terrificante, quando il drago Smaug aveva bruciato, distrutto e scacciato gli abitanti di Erebor. Malgrado la diversità tra le due razze e uno stile di vita decisamente differente, Bilbo inizia a provare pena per coloro che hanno perso tutto e si sono successivamente trovati a vagare di città in città, senza dimenticare la loro schiatta, i loro tesori e i trascorsi dolorosi durante la guerra contro gli Orchi. Bilbo comprende che, mentre lui continua a bofonchiare per il viaggio malagevole e rimpiangere la comodità della sua casa, i Nani di Erebor una casa non ce l’hanno più, ma vogliono riconquistarla insieme al tesoro in essa nascosto.
Questo concetto di solidarietà viene sottolineato maggiormente dopo che, in seguito a una serie di peripezie, Thorin – principe dei Nani, nonché capo della compagnia dei tredici – inizia ad ammalarsi della stessa malattia di suo nonno Thror: la malattia dell’oro. L’attaccamento morboso al suo tesoro lo induce a sospettare di tutti, anche dei consanguinei, ma sarà Bilbo, con la sua sagacia, ad agire con diplomazia per evitare che una nuova guerra veda lo scontro con Uomini ed Elfi, anche loro interessati a parte di quelle ricchezze.
A questo punto la coesione viene meno e inizia una battaglia per l’oro – perché l’orgoglioso Thorin non cede e neanche Elfi e Uomini hanno intenzione di desistere. Ma accade qualcosa che cambierà il cammino di questa battaglia. Il Male risalirà dalle fondamenta della terra, pertanto le tre razze accantoneranno i loro dissidi per combattere un nemico comune nella Battaglia dei Cinque Eserciti.
Lo Hobbit è un libro che consiglio vivamente. Sebbene sia un romanzo scorrevole e costituito da un linguaggio semplice che giunge al cuore di tutti, indipendentemente dall’età, lascia segni profondi e fa riflettere. È un libro che parla di coraggio, del coraggio di uno Hobbit che, suo malgrado, si trova ad affrontare avventure troppo grandi per una creatura così piccola come lui. Parla di un’amicizia sincera, della capacità di andare oltre e superare i propri vizi per poi apprezzare la famiglia, la familiarità, le cose belle della vita.
«Se un maggior numero di noi stimasse cibo, allegria e canzoni al di sopra dei tesori d’oro, questo sarebbe un mondo più lieto.»
(Thorin morente a Bilbo, Lo Hobbit)
Questo è un romanzo che ho letto alle mie figlie e che consiglio a tutti i genitori. A volte i nostri figli comprendono più ascoltando le parole scritte in un libro che quelle dette da noi, ed è questo il messaggio nascosto che si insinua lentamente nei loro cuori e scava, scava e lascia solchi profondi in cui seminare.
Il rispetto per la diversità, la solidarietà, l’unione per respingere il pericolo insieme, la capacità di fare un passo indietro, chiedere scusa e depurarsi di tutto il malanimo sono dei concetti che questo libro trasuda, e se la società non dà esempi da imitare, allora è il caso di leggere «come un Baggins ebbe un’avventura e si trovò a fare e dire cose del tutto imprevedibili.»
Elisabetta Scaramelli