Essere e matematizzazione algoritmica di una realtà tecnologica
L’algoritmo in sé non è né dionisìaco né apollìneo o forse è tutte e due le cose. Esso è un processo di calcolo che alcuni programmi sviluppano al posto dell’uomo. Chi utilizza l’algoritmo che, ricordiamolo bene, è creatura dell’uomo, deve essere dotato di un’etica che, ai giorni nostri, non trova riscontro pratico tra gli individui. L’uomo odierno tenta di giustificarsi, con tutte le sue forze, quando le sue azioni si basano su criteri e fini spudoratamente utilitaristici. L’utilitarismo tout court legittima l’applicazione di una simbologia universale, come la matematica, ad essere spesso soggiogata a costrutti algoritmici capaci di condizionare settori di vita cruciali che possono salvare o distruggere, in pochi secondi, dignità e vite umane. Tutto è velocità, tutto ha occupato la dimensione spazio-tempo che attraverso la condensazione di energia, genera materia. La materia se correttamente plasmata, da calcoli algoritmici elaborati da menti artificiali, dà origine a creazioni che gli uomini dell’antichità avrebbero attribuito solo a Dio. Quindi assistiamo ad un preciso atto di volontà dell’uomo che manifesta il desiderio di esercitare l’onnipotenza del “Creatore”. E’ qui che si pone il problema del limite. Nello specifico, quale “limite” orienterebbe l’uomo verso una natura più umana del finito o sconfinerebbe qualunque limite tendendo alla natura divina dell’Infinito ? La creazione d’identità cyborg la dice lunga sul tentativo di appropriazione (da parte dell’Uomo) del ruolo di quella “divinità creatrice” (Dio) che plasma la materia (vedi ogm) e tenta di clonare anche l’Essere pensante con sperimentazioni d’ingegneria genetica sul DNA. Il grande enigma è: “Questo sarà o non sarà il peccato originale dell’uomo commesso nel terzo millennio?” Non credo che nella consapevolezza dei grandi limiti etico-spirituali dell’homo sapiens, a questo interrogativo, oggi, si possa rispondere in maniera soddisfacente. Ritengo, tuttavia, che la contingenza degli eventi tecnologici, proietterà forzatamente la “nuova Creatura” verso uno “stato di essere” sempre più trascendente: o con caratteristiche luciferine o con caratteristiche simili all’altro Dio di cui ci viene narrato essere quello “buono e giusto”. In definitiva, l’uomo non potrà più conservare lo status che lo ha “soddisfatto” per tutti questi anni. Comunque sia, assisteremo certamente ad una metamorfosi dell’Io ! Un Io sempre più abile e capace di generare tecnica, tecnologia e scienza, con l’intento di risolvere e dominare ciò che, un tempo, solo le divinità erano in grado di padroneggiare. L’anatomia del dramma si consumerà se l’uomo nuovo non riuscirà a bilanciare sapientemente tutto questo “progresso” della tecnica con un’altrettanta evoluzione di responsabilità, coscienza ed etica: cose dalle quali non si può prescindere, assolutamente, se si vuole dare inizio ad una nuova era padroneggiata dal tanto atteso “Uomo nuovo”.
Tony La Rocca