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Delitto di femminicidio: ma era davvero necessario?

A scanso di equivoci, pongo subito ed immediatamente una premessa: sono assolutamente d’accordo sul fatto che la violenza di genere, l’abuso sistematico sessuale, in danno di chiunque, il bullismo, il cyberbullismo, il revenge porn, l’omofobia e la negazione dei diritti di ciascuno di vivere la propria sfera sessuale, sentimentale, intima come meglio crede, sono fenomeni odiosi, esistenti in natura ed in società, da cui forse nessuno può ritenersi immune, sia come vittima che anche come carnefice.

Pertanto, occorre educazione ai sentimenti ed approccio, specie nelle scuole, ad una visione liberale, nel contempo ovviamente rispettando la libertà di ognuno, che finisce sempre dove comincia quella altrui.

Se tutto questo è un dato di fatto assodato, tuttavia, con questa scelta governativa, si sprofonda nel gorgo del giustizialismo più bieco, assecondando il furore popolare, tra l’altro inutilmente, poiché l’assassinio di una donna viene quasi sempre già punito con l’ergastolo, solo che si sappia applicare con la dovuta iuris prudentia la cassetta degli attrezzi già presente nel codice penale, ovvero le circostanze aggravanti, che sono state previse proprio perché ogni genere di delitto, l’omicidio il più odioso, rimane comunque da valutare sia in senso oggettivo e soggettivo.

Invece, questa strombazzata riforma, voluta solo a scopo propagandistico, potrebbe però trascinare con sé il crollo di alcuni capisaldi del nostro diritto costituzionale prima e penale poi, senza peraltro aggiungere alcunché al dramma di tante donne e tanti familiari e bambini lasciati soli nella tragedia familiare.

La deriva inutilmente populista che sta imboccando la legislazione italiana, su un pericolosissimo piano inclinato, su molti temi, getta al macero anni, anzi secoli, di cultura del diritto penale liberale, col rischio non solo di rivelarsi inutile, perfino dannosa.

Il vizio di tentare, senza riuscirvi, di risolvere problemi economici e sociali, culturali e di costume, fenomeni criminali ed altre criticità esistenziali con un reato in più, preoccupa chi, come noi, esercita la nobile professione della difesa penale, senza pregiudizi e preconcetti, con l’umanità e l’empatia necessarie ad accostarsi sia alla vitta che al carnefice, cercando di comprenderne le ragioni ed utilizzando ciò che già i nostri codici abbondantemente ci offrono per svolgere egregiamente la nostra missione, come anche ne possono fare ottimo uso i magistrati dell’accusa ed i giudici, senza andare ad emettere inutili “grida” di manzoniana memoria.

I governi si facciano carico di altro per aggredire i temi criminogeni, ma lascino in pace il diritto penale, che regolamenta la gravissima e dolorosa pretesa punitiva dello Stato.

Gianpiero Cortese

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