Coronavirus e informazione: cronaca o terrorismo? (Parte quarta)
Il quesito più frequente che viene posto agli infettivologi a proposito dell’emergenza Coronavirus è quello relativo alla eventualità di una ripresa della malattia nella stagione autunnale. È chiaro che nessuno scienziato può avere, in questo ambito, certezze assolute perché si entra nell’area astratta dei pronostici. Tuttavia è possibile utilizzare modelli matematici e proiezioni statistiche (e, ovviamente, intuito ed esperienza) per immaginare, con sufficiente approssimazione, quali potrebbero essere gli scenari futuri. Per elaborare tali scenari è necessario utilizzare dati e conoscenze che già abbiamo e confrontarli con numerose variabili.
L’acme epidemico vissuto tra marzo e aprile ci ha insegnato come organizzare le unità di terapia intensiva, di malattie infettive e di pneumologia (le tre aree maggiormente coinvolte nella gestione clinica dei pazienti), ci ha insegnato quale debba essere l’organizzazione dei laboratori che processano i tamponi, ci ha insegnato quali siano i tempi accettabili per tale elaborazione e, ancora, abbiamo imparato a organizzare i servizi di radiologia e del territorio, comprese le residenze per gli anziani; abbiamo compreso che è necessario immaginare percorsi differenziati per i soggetti contagiosi affinché non si crei promiscuità con altri pazienti presenti nelle strutture per cause diverse dalla CoViD. Quindi possiamo serenamente affermare che, sul versante organizzativo, una eventuale nuova ondata di contagi clinicamente rilevanti (da non confondere con i soggetti asintomatici come lo sono quelli che stiamo osservando in queste settimane) ci troverebbe sicuramente pronti a fronteggiarla.
Ma abbiamo anche visto nelle precedenti sezioni di questa analisi che stiamo cercando di fare che il virus sembra abbia iniziato a comportarsi in maniera molto diversa rispetto all’inizio dell’epidemia, sia in termini di soggetti colpiti, sia (e forse soprattutto) in termini di gravità delle manifestazioni cliniche. Infatti, valutando – per esempio – l’età media dei soggetti contagiati ci rendiamo conto che, mentre tra marzo e aprile la maggior parte dei soggetti avevano età avanzata, adesso osserviamo un maggior numero di contagi negli individui più giovani, con età media intorno ai 35 anni. Inoltre, mentre nella prima fase un numero consistente di contagi è evoluta in malattia clinicamente evidente, adesso stiamo osservando solo pochissimi casi ospedalizzati, un numero decisamente inferiore di soggetti che necessitano di cure intensive e (dato più importante) un numero davvero basso di decessi, tanto da far precipitare la curva della letalità. E poi, considerato l’intensificarsi dei test che sono somministrati alla popolazione a rischio, si stanno percentualmente riducendo il numero dei positivi riscontrati a confronto con quelli che abbiamo riscontrato nel “periodo caldo”.
Tutto questo ci dovrebbe indurre a un moderato ottimismo e spingerci a immaginare poco probabile una ripresa dell’epidemia nei termini vissuti a inizio 2020. Per meglio precisare ed evitare equivoci interpretativi: quanto appena detto non significa che non ci saranno soggetti contagiati nel prossimo autunno; significa che, verosimilmente, osserveremo un minor numero di casi impegnativi rispetto all’inizio dell’anno e che, con ogni probabilità, quei casi che richiederanno ospedalizzazione saranno, grazie all’esperienza maturata, più efficacemente e più rapidamente riconosciuti e gestiti. Inoltre sarà verosimile che una percentuale consistente dei soggetti contagiati potrà essere trattata al proprio domicilio se il virus dovesse continuare a determinare casi asintomatici o poco sintomatici. Per ottenere questo, tuttavia, sarà importante non abbassare (non ancora, almeno) la guardia e continuare a osservare le norme e le misure di sicurezza che hanno consentito di contenere e ridimensionare l’epidemia.
L’altra “vexata quaestio” riguarda l’approntamento, l’efficacia e la somministrazione del vaccino. Al momento si hanno dati confortanti relativi al vaccino sviluppato dall’Università di Oxford con sperimentazioni precliniche molto incoraggianti tanto da avere avviato a fine luglio la sperimentazione umana i cui risultati preliminari dovrebbero essere disponibili, presumibilmente, già dall’autunno prossimo ed è possibile che, se tutto andrà bene, già dalla fine di quest’anno o dalla prossima primavera potrebbe essere commercializzato e quindi iniziata la campagna vaccinale. Inoltre, sparse per il mondo, sono numerosissime e diffusissime le ricerche tese a ottenere il vaccino anti-SARS-CoV2.
Ora, però, una volta ottenuto e commercializzato il vaccino sarà determinante per limitare la circolazione del virus che una consistente percentuale della popolazione mondiale si sottoponga alla profilassi. In quest’ambito, naturalmente, emergeranno le criticità politiche perché bisognerà capire quale orientamento prenderanno i governi europei e mondiali nei confronti delle resistenze di alcuni movimenti che si adopereranno per contrastare la vaccinazione di massa.
Nel nostro Paese la salute pubblica è tutelata dall’articolo 32 della Costituzione il quale, infatti, dispone che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. È chiara nella disposizione dei Padri Costituenti l’indicazione a rendere liberi i cittadini nell’ambito delle cure ma è anche chiaro che i cittadini non possono sottrarsi alle misure sanitarie qualora tale comportamento dovesse compromettere lo stato di salute della collettività. Per tale ragione il vaccino dovrebbe essere reso obbligatorio per tutti i cittadini. Quali decisioni e quali orientamenti prenderà il governo italiano al momento non è noto; si spera, tuttavia, che l’orientamento sia quello indicato dalla Costituzione.
A conclusione di questa breve esposizione possiamo quindi dire che il nostro Paese ha risposto – ed ha risposto bene – all’emergenza epidemica di marzo e aprile e i nostri connazionali sono stati molto bravi nell’osservare le regole. Adesso ci troviamo a fronteggiare un nuovo capitolo dell’epidemia che, a conti fatti, non è detto che debba manifestarsi nello stesso modo di quanto osservato all’inizio dell’anno. Il messaggio che ritengo importante da porgere a chi ha, fin qui, avuto la pazienza di leggere, è di evitare catastrofismi, fare un uso consapevole e ragionato delle informazioni che si ricevono dai grandi mezzi di comunicazione al fine di evitare il panico, ricorrere alle strutture ospedaliere quando è davvero necessario e, naturalmente, osservare le regole igieniche suggerite che non si limitano all’uso della mascherina, ma si estendono anche a comportamenti individuali (primo tra tutti il lavaggio delle mani) e collettivi (evitando gli assembramenti inutili).