Coronavirus e informazione: cronaca o terrorismo mediatico? Parte seconda
Articolo a cura del dottore Fabrizio Pulvirenti ripreso dal suo blog http://www.fabriziopulvirenti.it
Abbiamo visto ieri alcuni termini chiave per l’interpretazione delle notizie che più volte al giorno ci arrivano dai media: molto spesso è stata fatta confusione tra mortalità e letalità (che come abbiamo visto esprimono concetti epidemiologici profondamente diversi tra loro) o tra Virologo e Infettivologo, figure professionali indispensabili l’una all’altra, ma con funzioni profondamente diversificate. Credo però che la confusione peggiore che i media abbiano fatto (e che continuano a fare) sia quella tra Infezione e malattia (infettiva): nel “bollettino” giornaliero dei quotidiani, dei radiogiornali, dei telegiornali e, ancora, nei talk-show che dedicano spazio all’epidemia da SARS-CoV2 si fa una diffusa (colpevole?) confusione tra questi due stadi del rapporto complesso che c’è tra il virus (e, in generale, qualsiasi agente infettivo) e l’ospite (in questo caso l’uomo). Continuare a comunicare i numeri dei contagiati non è solo una proiezione distorta della realtà, ma diventa quasi un atto terroristico se non si ha l’accortezza di fornire agli spettatori, agli ascoltatori o ai lettori un adeguato metodo di interpretazione. Bisogna inoltre considerare, anche se – al momento – non ci sono studi pubblicati a supporto, che SARS-CoV2 è un virus a RNA che ha appena fatto il “salto di specie” nell’uomo: è verosimile supporre che il processo di adattamento del virus all’uomo determini una perdita di fitness che, in definitiva, rende il virus meno virulento (abbiamo spiegato nell’introduzione di ieri il significato di questo termine).
Tra marzo e aprile, infatti, sono stati registrati picchi di oltre 35.000 soggetti contagiati, sia ricoverati che in isolamento domiciliare, con oltre 4.000 pazienti che hanno avuto bisogno di cure intensive. Attualmente il numero di pazienti che necessitano di terapia intensiva è molto contenuto (tra 40 e 50 in tutto il Paese) così come lo è il numero di contagiati. Inoltre, mentre nei mesi di picco gran parte dei pazienti (tra il 70 e il 75%) ha manifestato sintomi direttamente o indirettamente collegati all’infezione, attualmente la gran parte dei soggetti contagiati non presenta alcun sintomo o pochissimi sintomi riferibili all’infezione. Questi dati, a disposizione di chiunque ne voglia fare un utilizzo consapevole, sono disponibili nel sito dell’istituto superiore di sanità e ci dicono una cosa importante: la virulenza di SARS-CoV2 sembra essersi attenuata nelle ultime settimane giacché solo pochissimi pazienti, meno del 10%, presentano sintomi e solo una minoranza di essi manifesta quadri clinici impegnativi tanto da richiedere il ricovero in terapia intensiva.
I dati diffusi dall’istituto superiore di sanità ci informano inoltre di un altro aspetto che ha un importante peso epidemiologico: l’età media dei nuovi contagi si è abbassata notevolmente; ovvero, mentre nella prima fase della epidemia il virus sembra essere circolato abbondantemente tra le persone con età superiore a 50 anni, al momento sta circolando tra le persone più giovani. Questo dato, che rende conto della possibile riduzione del numero di persone sintomatiche, potrebbe anche essere legato alle mutate abitudini della popolazione più giovane nella quale il virus sta attualmente circolando e che, nel periodo di lock-down, sono state molto attente ed hanno correttamente osservato le regole. Inoltre le persone più giovani hanno un minor numero di comorbidità (ovvero un minor numero di malattie concomitanti) rispetto a quelle più anziane per cui più raramente manifestano le complicanze che rendono impegnativo il decorso della malattia da SARS-CoV2. Tale dato, tuttavia, da solo non rende conto della ridotta circolazione del virus: è stato, infatti, appurato che la carica virale riscontrata nei tamponi naso-faringei più recenti è notevolmente inferiore rispetto a quella riscontrata tra marzo e aprile, all’inizio della epidemia, e, poiché i soggetti infettati eliminano minore quantità di virus, è immaginabile che tale condizione incida favorevolmente sia nel determinare sintomi più lievi (o, addirittura, assenza di sintomi) sia nella più contenuta circolazione del virus.
Il ragionamento fatto, ovviamente, non dev’essere una incitazione a comportamenti rischiosi per la propria e altrui incolumità; può però consentirci di inquadrare nel giusto perimetro di ragionevolezza il momento che stiamo attraversando, evitando di fare terrorismo. In particolare è necessario comprendere che l’infezione da SARS-CoV2 non equivale automaticamente a CoViD (che è la malattia da coronavirus) giacché possiamo ospitare il virus nelle nostre vie aeree senza essere ammalati; in altre parole SARS-CoV2 non è Ebola, la cui infezione determina pressoché sempre la malattia da virus ebola con esiti anche fatali; l’infezione da SARS-CoV2 potrebbe verosimilmente divenire in un futuro non lontano endemica (ciò stanziale nei territori) in grado di determinare alcuni casi di malattia (CoViD) in soggetti suscettibili.
Ma il “terrorismo” mediatico indiscriminato racchiude in sé un altro grande rischio per la popolazione: continuando la campagna di informazione in questo modo brutale, riportando ogni giorno le cifre (basse) dei contagiati (che, lo ripetiamo per chiarezza, non sono persone ammalate) c’è la possibilità di indurre la sensazione di vivere in costante stato di emergenza per una epidemia incontrollata e incontrollabile. L’effetto di tale percezione sarà il possibile intasamento dei pronto soccorso alla prossima stagione autunnale per sintomi lievi – qualche colpo di tosse, qualche sternuto, poche linee di febbre – che potrebbe determinare il collasso delle strutture ospedaliere e, soprattutto delle aree di emergenza.
In definitiva il ragionamento fin qui fatto, non vuole essere né “negazionista”, né riduttivo o irrispettoso della gravità dell’epidemia; è necessario, però, moderare i toni dell’informazione cercando di dare tutte le notizie nel modo corretto. E ribadiamo, ancora una volta, l’invito a evitare i messaggi catastrofisti, negazionisti o complottisti che girano nel web: la CoViD-19 non è né un complotto, né una punizione divina; è una malattia che dev’essere affrontata da professionisti e non da imbonitori.
Domani proveremo a analizzare i dati di letalità messi a disposizione dall’istituto superiore di sanità e proveremo a inquadrare tali dati nei limiti della ragionevolezza scientifica.