Religione

Vivere decidendo nell’esperienza del fuoco che brucia e dura

«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». (Lc 12, 49-53)

Nel vangelo di questa domenica Gesù ci svela il senso profondo della sua parola che non è melassa, discorso sdolcinato, ma energia che infiamma i cuori e fuoco che accende le menti per le scelte fondamentali della vita. Si tratta di una parola-fuoco che -presa sul serio- scomoda sino ad ustionarci per poi plasmarci in una nuova esistenza, più autentica, per essere veramente uomini. Una parola che ci mette in crisi e la cui caratteristica è quella di essere segno di contraddizione (come il vecchio Simeone aveva preannunciato tenendo tra le sua braccia il bambino Gesù presentato al tempio: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione”). Col fuoco dello Spirito da cui origina questa parola Gesù anela ad incendiare il mondo, facendolo ardere nel cuore di ogni uomo. Il fuoco acceso mostra i nostri veri volti, fa vedere dove siamo, le posizioni che abbiamo assunto davanti alle cose. E’ da lì, dalla verità dei nostri volti, che possiamo ricominciare a fare pace in noi stessi e nei nostri contesti di vita. E’ il fuoco a renderci uomini di passione, di desiderio, come Gesù, ed è questo fuoco che ci spinge a prendere posizione, anche se questo costa. Certo, forse, non prendiamo posizione perché non abbiamo più nulla da dire, perché il fuoco si è spento, perché non abbiamo più né desideri né idee. Ma non possiamo rassegnarci  a starcene alla finestra osservando la vita che scorre dinanzi a noi, impotenti ed inermi di fronte al male, senza reagire. Senza questo fuoco, senza questa “alta temperatura morale”, nessuna trasformazione individuale e storica può accadere. La proposta di vita che la parola-fuoco di Gesù  viene a portarci è perciò esigente e dura, non facile né slavata. Ci costringe a prendere posizione di fronte a noi stessi (ai nostri pensieri e sentimenti) e di fronte ai fatti della vita. Essa rifiuta categoricamente il compromesso, il quieto vivere, la neutralità, e per questo spinge alla decisione. L’esperienza della decisione è importante nella vita di ciascuno: di fatto ogni persona si misura dalle sue decisioni, poiché decidere è sempre prendere posizione, determinare se stessi ed i propri obiettivi. Quelli che stanno sempre al centro per paura di sbilanciarsi, i tiepidi, Dio li  “vomita”. Gesù è stato un profeta in quanto uomo che ha avuto sempre il coraggio della denuncia contro ogni forma di ingiustizia e di ipocrisia: non ha mai cercato -per non urtare i poteri forti- la diplomazia o il parlare politically correct. “Non è mai entrato nei palazzi dei potenti se non come prigioniero con le mani legate”. Il suo amore è divisivo nella misura in cui egli, di fronte al gemito del povero, sceglie di stare dalla sua parte e si scaglia contro i “faraoni di sempre”. Gesù, il Signore, vive nella nostra vita solo “se resta per noi segno di contraddizione, bruciatura, fuoco. Tormento e innamoramento”. In questo senso la parola di Gesù è divisiva, come recita il testo evangelico, in quanto se ascoltata in profondità mette in crisi noi stessi in primis e poi le relazioni e gli accadimenti del mondo (“La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle ossa e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore”, Ebrei 4,12-13). “Gesù è il fuoco che avanza per dividere il mio passato dal mio futuro (“il padre dal figlio”), l’oro della mia fede dalle scorie della mia religione”. La luce del fuoco permette di distinguere e separare: la distinzione e la separazione degli elementi è requisito fondamentale per poter prendere una decisione che sia consapevole e tesa alla verità. Distinguere per unire: non ci potrà essere vera unione, e dunque vera pace, se non riconoscendo le reciproche differenze e la verità di cui ciascuno è portatore. Separare, dividere per conoscere in profondità e giudicare con rettitudine, per costruire un mondo più giusto ed in vera pace, quella pace “il cui nome più immediato e più caro è quello della fraternità effettiva tra gli uomini. Chi sposa la causa della vera pace sappia che avrà opposizione intorno a sé, in famiglia, nel partito, nel luogo di lavoro, nella Chiesa”.  Pertanto il Vangelo non è l’oppio ma l’ “adrenalina” dei popoli, poiché porta con sé il “morso del più”, “più visione, più coraggio, più creatività, più fuoco”, evitando il peggio di aver vissuto restando sempre alla superficie delle cose, dentro le paludi dei “si dice”, delle apparenze, dei luoghi comuni, senza mai andare a fondo della dimensione altra e profonda di sé e delle relazioni, senza precipitare nella profondità che dà senso alla vita.

Giuseppe Vasco

 

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