Processo Rugolo: lettera anonima inviata a Rete l’Abuso accusa un carabiniere e la moglie di eccessiva vicinanza a Gisana
Una lettera anonima contenente gravi accuse ad un sottoufficiale dei carabinieri di Piazza Armerina e alla moglie sarebbe stata recapitata all’associazione Rete l’Abuso, unica associazione in Italia che si occupa di sopravvissuti agli abusi clericali, e poi tramessa dal presidente dell’associazione, Francesco Zanardi, alla Procura di Enna. Nella lettera, scritta al computer, si accuserebbe la moglie del carabiniere, vicina ad una associazione cattolica di Gela e sorella di una donna che ricoprirebbe un incarico delicato all’interno della Diocesi piazzese, di schierarsi apertamente a favore del vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana, coinvolto nella vicenda di Giuseppe Rugolo, il sacerdote a processo al Tribunale di Enna per violenza sessuale aggravata a danno di minori. Secondo l’anonimo, il carabiniere invece di indagare, si sarebbe posto a fianco della moglie in questa battaglia a difesa di Gisana, non perdendo occasione di schierarsi sul social o nelle parrocchie che frequenta, mentre andrebbe segnalato e trasferito in altra città. E’ questa l’ennesima esasperazione di una vicenda che intreccia Enna con Gela e che ha come fil rouge proprio il vescovo Gisana. Alla stazione dei carabinieri di Piazza Armerina è stato, infatti, trasferito da qualche mese un militare di Gela accusato di violenza sessuale ai danni del figlio minore, visto e fotografato in più occasioni proprio accanto a Gisana. Ed oggi, a Gela, dopo la richiesta di rinvio a giudizio di qualche settimana fa, si terrà l’udienza preliminare nei confronti di un formatore-catechista , per anni impegnato in attività alla chiesa Madre gelese. A denunciare il catechista sarebbe stato un giovane, allora minorenne, che ha raccontato alla Squadra Mobile di Caltanissetta come si sarebbero consumati gli atti sessuali, alcuni avvenuti anche nei locali di una chiesa. Sarà dunque il gup a valutare gli elementi acquisiti dalla polizia, tra i quali finti profili social e conversazioni che comproverebbero le violenze.