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Enna città universitaria? Manca la spinta giusta

Nei mesi scorsi, campagna elettorale, si è fatto un gran parlare di “Enna città universitaria.” Parrebbe di pensare che sia stato solo uno slogan attira-consensi, considerato che dalla chiusura delle urne niente di concreto è stato posto su un tavolo istituzionale. E invece è un proposito che ogni cittadino dovrebbe avere ben a mente, figuriamoci chi si candida o già gestisce la cosa pubblica. Avere tra le mani un gioiello e non integrarlo e non valorizzarlo è un affronto alla comunità. Oggi Comune e Atenei, Kore e Dunarea de Jos, hanno un debito da saldare nei confronti dell’intera città. E per fare questo devono mettere da parte ogni precedente incomprensione e sedersi attorno ad un tavolo per pianificare una strategia comune di presenza e di sviluppo integrato fra realtà comunale e università. Le istituzioni non si scontrano, non si fanno la guerra, dialogano, dibattono e a volte entrano in polemica ma perseguono sempre e comunque un unico obiettivo, lo sviluppo del territorio. In passato, purtroppo, passioni e prese di posizione hanno influito negativamente su una possibile crescita sinergica. Oggi è necessaria una condivisione d’intenti guidata da una commissione ristretta, da una cabina di regia o da un qualsiasi altro organismo che finalmente metta da parte gelosie, rancori e lavori per assicurare un futuro all’entroterra siciliano e nella fattispecie alla provincia di Enna. Per imprimere una vivace accelerazione a questo processo di sviluppo diventa necessario calibrare gli interventi senza non avremo mai una vera città universitaria. Nel migliore dei casi continuerà ad esserci un Comune con due atenei che vivono vite proprie, fino a quando, però, non si sa. La consapevolezza che una reciproca contaminazione d’intenti è necessaria sarebbe già un primo risultato. E tale consapevolezza potrebbe ottenere risultati quasi immediati con l’utilizzo dei locali dell’ex Ospedale Umberto I di Enna alta abbandonati da anni e con l’Asp n. 4 ben felice di trovare una soluzione ottimale per una riqualificazione. I locali sono talmente vasti che per il loro utilizzo si potrebbe coinvolgere la Regione nel restauro. Nei plessi è possibile trovare posto per le aule di alcune facoltà della Kore e della Dunarea de Jos ma anche per gli Uffici della Regione che oggi utilizzano locali in affitto. Non solo ma strutture del centro storico come la Pascoli, l’ex Banca d’Italia o l’ex monastero dei Benedettini potrebbero ospitare Rettorati o centri per l’accoglienza per le delegazioni provenienti da fuori. Progetti ardimentosi se cavalcati da una sola istituzione, realizzabili, invece, se sostenuti da una visione complice e determinata. In questo caso lo sviluppo della città sarebbe senz’altro realizzabile e farebbe da apripista all’intero territorio provinciale che di suo allargherebbe il ventaglio di offerte proponendo mille peculiarità. La parabola di crescita può innalzarsi solo se ogni componente avrà remato per il verso giusto, al contrario continueranno i picchi in giù e presto o tardi il crollo sarà totale. Continuare con la logica dei compartimenti stagno è un delitto perpetuato nei confronti dell’intera comunità ennese. Bisogna fare presto e iniziare dal dialogo fattivo per arrivare a soluzioni concrete e proficue nel più breve tempo possibile.

Paolo Di Marco

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